Testo: Gianluca Romagna, studente di architettura | Foto: Ru Alberti
Passeggiando tra le vie di Mezzano, si rimane stupiti: il silenzio rotto solo dallo scorrere dell’acqua che sembra sempre provenire da dietro l’angolo; l’atmosfera che si respira tra queste vie ha un qualcosa di misterioso.
Cosa rende questo borgo così importante dal punto di vista architettonico? Che cosa gli permette di essere così emozionante? Sono la tradizione e il lavoro dell’uomo: essi sono presenti in ogni dettaglio, dalle travi lavorate a mano dei poggioli che si affacciano sulle piazze, fino alle pietre utilizzate per dare solidità ai grossi basamenti degli edifici, dagli elementi in ferro lavorati a mano alle malte che tengono assieme il tutto.
Mezzano è lì, i suoi edifici sembrano saldamente ancorati al terreno, diventano parte integrante dell’ambiente in cui si trovano entrando in rapporto col paesaggio e sembrano voler dire: “Sono così come mi vedi ed è qui che devo stare”. Proprio con questo tema si deve oggi rapportare l’architettura contemporanea: la capacità di essere adeguati. La tendenza è sempre quella di essere avanguardisti e di cercare di “inventare il futuro”, ma dopotutto esistono ben pochi problemi ai quali non sia stata trovata una soluzione valida in precedenza.
Nell’intervento di ristrutturazione di Casa Gaio, Lucio sembra aver compreso questo modo di vedere le cose.
L’intervento richiedeva la conversione di una stalla e fienile in abitazione privata; in questo caso, le esigenze della contemporaneità (l’adeguamento strutturale col il consolidamento dell’edificio e la conversione della destinazione d’uso) sono state pienamente soddisfatte, ma senza di fatto oscurare quei caratteri fondamentali presenti nel paesaggio urbano di Mezzano.
Attraverso una ricerca storica e sui materiali, il progettista ha voluto rivalorizzare la preesistenza, utilizzando malte di calce mischiate a cenere (come da tradizione popolare), lavorando le travi e i travetti in legno massiccio col ferro a due mani, pur ricorrendo alla modernità dove necessario (come per i telai in alluminio delle ampie vetrate che rispettano le aperture presenti, gli elementi di partizione interna in vetro, pietra e legno e gli elementi di consolidamento quali travi in acciaio e cordolo in CLS in prossimità della copertura).
Salendo all’interno dell’abitazione, mi fermo e rifletto sulle parole che introducono il saggio Pensare Architettura dell’architetto svizzero Peter Zumthor:
“Perché, mi chiedo, spesso si arrischia così raramente ciò che è immediato e ciò che è difficile? Perché nell’architettura recente si riscontra così poca fiducia nelle cose più peculiari che distinguono l’architettura: il materiale, la costruzione, il sorreggere e l’essere sorretto, la terra e il cielo; così poca fiducia in spazi liberi di essere autenticamente tali; spazi in cui si ha cura dell’involucro spaziale che li definisce, della consistenza materiale che li caratterizza, della loro capacità di ricezione e di risonanza, della loro cavità, del loro vuoto, della luce, dell’aria, dell’odore?”
Penso che le architetture come quella di Lucio siano architetture di resistenza; in un mondo che celebra il superfluo, l’architettura deve ribellarsi alla dissipazione delle forme e tornare a parlare il proprio linguaggio. Casa Gaio a mio avviso è un tentativo in questa direzione che fa ben sperare.