Testo & foto: Carla Scalet
La forte alpinista Nives Meroi ha raggiunto il suo tredicesimo ottomila il 12 maggio scorso assieme all’inseparabile Romano Benet, senza ossigeno e portatori d’alta quota: ora, al loro palmares manca solo l’Annapurna.
Questa è una storia d’amore. Forse una storia come tante, ma vissuta e raccontata da una persona speciale: uno scricciolo di donna con tutta la forza del mondo racchiusa negli occhi, con uno sguardo così profondo che pare ti scavi dentro. Nives Meroi è una delle più prestanti alpiniste del mondo, ha conquistato tredici dei quattordici ottomila della terra senza ossigeno e senza portatori d’alta quota, sempre insieme al marito e compagno di cordata Romano Benet. Nel 2009, Nives è in corsa con altre due alpiniste per diventare la prima donna ad aver conquistato i 14 ottomila. Da subito sente che questa scalata al record non rientra nel suo modo di fare alpinismo, ma la grande macchina del marketing ormai sta girando e difficilmente ci si può sottrarre a sponsor e media.
Dal 2009 e per i successivi quattro anni inizia per Nives e Romano la più aspra delle prove, alla persona che lei ama è stata diagnosticata una forma grave di aplasia midollare, si deve sottoporre ad un trapianto di midollo, serve innanzitutto trovare un donatore compatibile.
Fa tutto parte di questo mondo, ed è anche questo che ti permette di “vivere” di montagna, perciò, nonostante tutto, si va avanti.Partenza quindi per il dodicesimo ottomila, il Kangchendzonga, la terza vetta più alta della Terra, sempre come ogni altra volta: la burocrazia nepalese da rispettare con i suoi tempi rallentati, il trekking di avvicinamento, l’acclimatamento, ma il tutto appesantito da un’estraneità insolita, da un senso di inadeguatezza pesante e nuovo. Non sarà però Nives a cedere, bensì Romano, suo marito, il suo compagno di sempre, la sua roccia. A poche centinaia di metri dalla cima non si sente bene, uno sfinimento imputato inizialmente all’altitudine, ma anche riscendendo di quota le condizioni non migliorano. Lui incita Nives a proseguire, a raggiungere quella cima così importante per lei ed è a questo punto che la montagna, la sua montagna, le parla… “Non vi potrò proteggere questa volta, fermatevi”. La decisione è subito presa: non salirà da sola, non dopo una vita in doppia, non avrebbe senso senza di lui. Nessun rimpianto, si t na giù. Al diavolo i record e tutto il circo mediatico, altre cose contano nella vita.
Ore, giorni, mesi di attesa, di pazienza e di dolore, sempre insieme anche in questa difficile avventura. Dopo un primo trapianto, una breve finestra di miglioramento fa ben sperare, ma poi le cose precipitano nuovamente ed allora i medici decidono di prendere una via inesplorata, proprio come ha sempre fatto la coppia: ritentare il trapianto dallo stesso donatore. Cima! Lentamente e progressivamente i valori iniziano a stabilizzarsi. Romano riesce a riprendere pure l’attività fisica: non si è mai dimenticato il loro sogno ed è questo, soprattutto, ad avergli dato la forza di combattere. Per Nives è diverso, si sente svuotata e stanca, fatica a spingere il corpo e la mente sulle alte vette, dopo aver raggiunto quella più importante per la sua vita.
Ma per amore sente che ci deve riprovare e così, nella primavera del 2014, eccoli nuovamente ai piedi del Kangch, lì dove tutto si era interrotto. Questa volta la montagna li accoglie, quasi a ricompensare gli anni di sofferenza; alle 12,15 del 17 maggio sono sulla cima, loro due, soli come sempre, uniti da questa passione profonda per la montagna e pervasi da una pace infinita. La storia è ben raccontata nell’ultimo libro di Nives “Non ti farò aspettare” (Rizzoli, 2015), ma sentirla raccontare da lei, così semplicemente e senza manierismi, è veramente un’esperienza toccante, un’esperienza d’amore.