Testo:Manuela Crepaz | Foto: Pierluigi Orler
Non tutti sanno che il suo segreto è valso un premio agli architetti Schweizer&Piazzetta.
Che bella coppia! Sono insieme nella vita e nel lavoro. La loro casa è anche il loro studio, che si affaccia su un simpatico giardinetto, con tanto di gloriet, nella zona che comunemente conosciamo come il Primierino.
Maria Grazia Piazzetta e Willy Schweizer sono entrambi architetti. Li unisce una lunga ed intensa attività professionale coronata da premi in vari concorsi di architettura. Ben tre opere a Primiero sono state premiate: le case a schiera a San Martino di Castrozza con il Premio provinciale “Costruire il Trentino” nel 1996, la sede del Consorzio Turistico Vanoi a Canal San Bovo, con il Premio regionale Archilegno nel 2003 e il Centro Civico a Mezzano, con il Premio Nazionale Intraluoghi nel 2008. Tra gli innumerevoli progetti per l’edilizia pubblica a loro firma, spiccano anche la sede dell’Azienda per il Turismo e la Caserma Carabinieri a San Martino di Castrozza (1970), la Cassa Rurale (1974), la recentissima Farmacia e l’attuale rifacimento del “Brolo” assieme a Henry Zilio a Mezzano, la stazione delle autocorriere e sede dell’Azienda per il Turismo a Fiera di Primiero (1990) e l’auditorium intercomunale di Primiero (1991) e il polivalente di San Martino di Castrozza (2000) con gli architetti Marco e Maurizio Toffol, ma anche la ricostruzione della Segheria alla veneziana in Valzanca sul sentiero etnografico del Vanoi (2002) e il Centro Servizi e alloggi per anziani a Fiera di Primiero (2003).
Nella loro attività culturale e progettuale, sono centrali le tematiche relative alla tradizione alpina e la sua evoluzione nell’innovazione. Un esempio, che a noi è piaciuto, è costituito dalle case a schiera progettate nel 1989 che si trovano a San Martino di Castrozza in Via Fontanelle. L’edificio è stato inserito dal DARC (Direzione generale per l’Architettura e l’Arte contemporanea) nell’elenco delle opere di rilevante interesse storico artistico dal 1945 a oggi.
Il paese annovera pure l’ex Cinema Bucaneve, opera di Rolando Toffol, crollato sotto il peso della neve il cinque febbraio 2014, due edifici privati degli anni ’50 poco più su a firma di Bruno Morassutti e Angelo Mangiarotti, il condominio Fontanelle, con le sue cellule abitative come cubi allungati che richiamano un alveare di calcestruzzo dell’architetto Bruno Morassutti e la villetta a firma degli architetti Nanni Valle e Giorgio Bellavitis costruita località Fratazza all’inizio degli anni ‘70. Sono molte le ville spettacolari a San Martino di Castrozza, costruite già negli anni ’50 e che hanno avuto il loro massimo sviluppo negli anni ’60 e ‘70 soprattutto lungo la Via Fosse e la Via Dolomiti.
Baciate dal sole, godono di un panorama mozzafiato di fronte alle Pale di San Martino. Con architetture pregevoli ed originali, è anche la zona di Via Pez Gaiart e Via Fontanelle, proprio sotto le cattedrali di roccia dolomitiche, tanto vicine che sembra di poterle sfiorare.
L’architettura così originale, varia ed elegante, alla ricerca di quell’immaginario transito di una nuova architettura alpina che sembra avviarsi con gli anni ’50 del secolo scorso, ben si inserisce nel contesto dolomitico e ha contribuito a rendere la località turistica un gioiellino. Pure gli anni ’80 e ’90 godono ancora di buone possibilità creative, con pregevoli esiti anche recenti, benché piano piano, le eleganti ville oggi facciano posto a condomini la cui tipologia lascia poco spazio alla libertà interpretativa di qualche decennio fa, in cui i materiali, oltre alla forma, costituivano la sintassi del linguaggio costruttivo che cercava una integrazione forte ed armonica con la natura circostante.
È in questo contesto, che l’occhio curioso, lasciando il centro di San Martino di Castrozza per percorrere in lungo e in largo le vie che si diramano verso i prati, i boschi e le montagne, noterà, tra le tante, una costruzione originale, che attirerà sicuramente lo sguardo. Lungo la Via Fontanelle, infatti, si imbatterà in una costruzione che, come spiega Maria Grazia Piazzetta, “sembra una villa, inserita correttamente in una zona di edifici unifamiliari degli anni ’50-’60: in realtà è una sequenza di tre abitazioni identiche costruite all’inizio degli anni ’90 per tre fratelli, in sostituzione della precedente abitazione di famiglia, della quale, in ottemperanza alle norme urbanistiche, conserva il medesimo volume. La forma particolare del modulo base – un pentagono – variamente accostato al successivo, evita l’effetto di serialità proprio delle case a schiera a favore di un volume unico, permettendo nel contempo l’assoluta indipendenza a ciascuna unità abitativa, cui si accede da un unico parcheggio coperto comune. La posizione panoramicamente privilegiata viene fruita dalla zona-giorno situata al primo piano e dilatata spazialmente nella grande terrazza coperta fortemente aggettante, mentre le camere da letto al piano terra, tutte orientate nell’arco del soleggiamento, si adagiano sul prato circostante. I materiali usati – pietrame a vista e legno – sono gli stessi presenti nella costruzione demolita, per realizzare una ideale continuità con l’immagine della villa paterna”.
Nel 1995, queste Case a schiera hanno viaggiato fino a Feldkirch, nel Voralberg austriaco per la mostra “Architettura trentina contemporanea” ed inserite nel catalogo edito per l’occasione, in cui si legge: “L’edificio ingloba tre unità abitative identiche. La loro aggregazione planimetrica ed altimetrica connota il volume come ‘villa’. La distribuzione interna sovverte lo schema abituale: al piano terra è la zona notte, protetta dal compatto muro in pietra; al primo piano, attraverso una finestra a nastro tra tetto e muri, la zona giorno gode della splendida vista della natura, tutt’attorno”.
L’edificio è così particolare e ben riuscito, che nel 1996 il progetto si è classificato primo al Premio di architettura “Costruire il Trentino” indetto dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Dopo un accurato esame di quarantanove elaborati presentati, la giuria, composta dai prof. Arch. Mario Bellini, Roberto Masiero e Marco Dezzi Bardeschi, si è espressa così: “Il tema è stato risolto con una tipologia per alcuni aspetti inedita che permette interessanti incastri tra nuclei abitativi e una modulazione dei volumi che ben si adatta all’altimetria dell’ambiente montano. Sono stati usati materiali tradizionali, senza cadere nel folclorico o nel vernacolare. La giuria ha apprezzato il fatto che, pur trattandosi di un progetto di circa settanta metri quadrati caduna, probabilmente per uso turistico stagionale, il risultato non cede ad ammiccamenti o ad ostentazioni turistiche e vengono riconosciuti i caratteri locali senza metterli in conflitto con la tradizione del moderno. È progetto colto, in quanto si riconoscono i debiti con la cultura architettonica del novecento senza essere per questo un progetto supponente o costruito su citazioni”.
Nel 1997, il progetto trova pure spazio nel catalogo della Triennale di Milano, Architetture di confine, Esperienze recenti nelle regioni di Alpe Adria, in cui si sottolinea come “ad assolvere le condizioni preliminari, sia stato adottato, per l’aggregazione a schiera, un modulo abitativo dalla forma particolare, connotato da pochi ed essenziali elementi” e nel 2007 è inserito nel volume di Luciano Bolzoni Architettura moderna nelle Alpi italiane dagli anni Sessanta alla fine del XX secolo, in cui si rileva che “gli elementi che distinguono il progetto sono l’utilizzo dei materiali locali e l’individuazione di una tipologia inedita, basata sull’incastro tra i nuclei abitativi a fronte di una modulazione dei volumi, a dialogare con l’ambiente montano”.
La bellezza di un luogo non è data solo dalla natura che lo circonda, ma dalla connotazione architettonica che lo valorizza.
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