Testo: Giuliano Zugliani - Guida Alpina | Foto: Pierluigi Orler
Il Birrificio artigianale BioNoc’. I “fondamentalisti” della birra
La nascita delle “birre di montagna”
La nota di un viaggiatore giunto a Trento nel 1680: “Ci fu un trattamento tedesco e birra, con la quale si è rinati”, è traccia che attesta il consumo di birra in Trentino già in tempi lontani. L’arrivo della bevanda nel territorio fu favorito dalla sua posizione geografica. La regione è un ponte naturale, un collegamento storico, economico e culturale tra il sud e il centro – nord dell’Europa. Nell’antichità fu il punto di contatto tra il mondo romano coltivatore delle campagne, sostanzialmente vegetariano e consumatore di vino e quello barbarico che prediligeva la selva, la carne, il latte e la cervegia, una birra densa senza luppolo.
Birra e vino sono state per lungo tempo bevande intrise di giudizi e pregiudizi, di valori; simboli di differenti culture. Tra il XIII e il XVIII secolo molte decine di immigrati provenienti da regioni di cultura tedesca, dove l’industria della birra aveva radici antiche e consolidate, avevano costituito a Trento diverse corporazioni lavorative tanto che dalla metà del 1400, in città, esistevano ben quattordici locande gestite da tedeschi in cui si consumava birra.
Il pioniere della fabbricazione della birra in Trentino fu Giacomo Bacca, medico e massone, di Montevaccino località poco lontana da Trento alle pendici del Callisio. Questi a metà del 1700 girò mezza Europa e rimase influenzato dalla cultura e dalle tradizioni delle regioni mitteleuropee, grandi consumatrici di birra. Tornato a Trento gestì per un periodo una taverna per soldati e nel 1790 aprì a Piedicastello la prima fabbrica di birra del Trentino. Fabbrica che in seguito cambiò proprietà e iniziò a produrre birra “tipo Baviera”.
Sulla scia della fabbrica della birra di Trento, Baldassare Maffei, nel 1849, fondò nella sua Rovereto la fabbrica di birra omonima che diventerà la più importante del Trentino. Nello stesso periodo, sempre a Rovereto, nacquero altre due birrerie la Parolari (poi Eppler) e la Glira. Collegati a queste fabbriche sorsero degli eleganti locali dove era uso consumare la birra prodotta godendo di spettacoli teatrali, concerti e danze.
Anche le fabbriche che sorsero in seguito nelle vallate diedero vita ad un indotto di locali di mescita e giardini. Qui la gente si radunava per bere buona birra, soprattutto d’estate, in occasione di eventi e feste, concerti di bande locali e sagre. Fu così che nel giro di pochi anni la produzione di birra migrò dalla città alla montagna, diffondendosi a macchia di leopardo nelle valli con modalità, motivazioni e vicende diverse.
Alla birreria Maffei (1849-1930) seguirono nelle valli altre fabbriche di birra. Per citarne solo alcune: la Bernardi di Predazzo (1854-1929), la Gaspare Sordo di Castel Tesino e la primierotta di Martino Orsingher a Siror (Primiero 1890-1927-’29), tutte con le loro storie e fortune.
Nel nord Italia sorsero due importanti poli di produzione della birra, la Forst di Merano (nata nel 1857) e la Pedavena sorta nel 1897 in provincia di Belluno. Queste in breve tempo soffocarono le piccole industrie regionali causandone la crisi e il definitivo tramonto. A questo fatto s’aggiunse poi il forte sostegno da parte del fascismo alla viti-vinicoltura con l’aumento dei dazi sull’importazione di luppolo e malto e le tasse imposte alla fabbricazione e al consumo della birra. Dalla metà degli anni ’30 fino al 2000 in Trentino non è presente nessuna fabbrica di birra, solo in alcune valli continua una produzione di tipo famigliare basata sulla coltivazione dell’orzo e del luppolo selvatico.
A livello nazionale nascono e si rafforzarono alcuni marchi storici della birra italiana quali la Wuhrer di Brescia, la Peroni di Vigevano, la Moretti di Udine e la Dreher di Trieste che producono delle birre dai sapori “facili”, piatti, senza identità.
Questo fenomeno di standardizzazione nella produzione industriale della birra fa rinascere il desiderio per un prodotto che abbia un gusto particolare legato al territorio, da qui il sorgere di un nuovo mondo di micro-birrifici artigianali.
Tali piccoli birrifici nati per contrastare l’appiattimento del gusto, si fondano su una continua ricerca, unita alla creatività, per realizzare birre con aromi, sapori e colori diversi. Ponendo profonda attenzione ai prodotti del territorio e alla loro qualità. In sintesi è una nuova cultura della birra volta a creare esperienze gustative che abbiano al centro il piacere di scoprire e/o riscoprire sapori nuovi e/o dimenticati di ‘birre altre’ rispetto a quelle industriali e l’offerta trentina in questo campo è ampia e originale, ce n’è per tutti i gusti ed occasioni.
Tratto da un articolo di Marco Romano su “Terra Trentina” n. 2 – 2014
Nella valle di Primiero, nel 2012, due giovani Nicola Simion e Fabio Simoni, entusiasti della ventata di novità portata dai birrifici artigianali sorti qua e là per l’Italia, guidati da spirito innovatore e grazie alla professionalità acquisita presso alcuni importanti mastri birrai in varie regioni d’Europa, crearono a Mezzano il loro piccolo birrificio, il BioNoc’. Da subito si definirono “fondamentalisti della birra” decisi a cambiare il modo in cui questa bevanda viene intesa: non più industriale, senza storia e sapore, ma artigianale, fatta con cuore e consapevolezza. La loro “missione” è diffondere la cultura della birra attraverso la produzione di modo tradizionale.
Intervista a Fabio Simoni
D: Come è nata l’idea? Dalla passione per la birra? Quando avete iniziato la produzione artigianale?
R: La curiosità ci ha spinto a guardare verso il mondo della birra e questo ci ha sommerso come una vera e propria onda. Dopo l’università della birra di Azzate (VA), nel 2003 ci siamo spostati nel nord Europa e in America per conoscere ogni singola sfaccettatura di questo incredibile mondo. Nel 2005 abbiamo prodotto la nostra prima birra in casa e nel 2012 siamo riusciti a produrla in un vero birrificio.
D: Siete stati definiti dei ‘fondamentalisti’ della birra, qual’è la vostra filosofia professionale e aziendale?
R: ‘Fondamentalisti’ della birra per noi significa riproporne lo stile storico. Noi non pastorizziamo e non micro filtriamo, ma rifermentiamo in bottiglia. Questo ci permette di avere una birra viva in evoluzione, inoltre non produciamo birre fantasia, ma recuperiamo vecchi stili internazionali.
D: Dove e come avete affinato le vostre conoscenze professionali in questo settore?
R: Come detto prima nel 2003, si parte all’università della birra di Azzate (VA), i corsi Slow Food, il diploma di Sommelier professionista nel 2009, poi gli innumerevoli viaggi in Belgio, Germania, Austria, Inghilterra e America hanno portato molta esperienza.
D: Come e dove scegliete gli ingredienti per le vostre birre?
R: Ci riforniamo dai migliori maltatori bavaresi e dai migliori selettori di luppoli e lieviti nazionali. Il nostro progetto però è quello di avere un prodotto sempre più legato al territorio. Non a caso abbiamo inventato il progetto “Bio Lupo” che prevede di piantare luppoli biologici in tutto il Trentino.
D: Che importanza ha l’acqua nella produzione della birra, deve avere delle caratteristiche particolari?
R: L’acqua è fondamentale per due motivi. Il primo è la composizione: calcio, magnesio, fosforo, calcare, dolomia, gesso e così via daranno birre completamente diverse tra di loro. Il secondo motivo e sicuramente il più importante riguarda la purezza di un’acqua. Sappiamo infatti che in base alla purezza gli acquedotti dovranno disinfettare o meno con la clorina. Noi abbiamo deciso di rimanere in valle proprio per la purezza della nostra acqua e per questo ci definiamo birrificio di montagna.
D: Non avete mai pensato di produrre direttamente alcuni ingredienti quali il frumento, la segala, il luppolo per avere una birra a km0?
R: Siamo convinti che se riuscissimo a produrre una grande birra a km0 avremmo raggiunto più di un obbiettivo. Non siamo così lontani da questo risultato nel senso che una birra a km0 la produciamo già da tre anni e si chiama 100% Primiero, il problema è la maltazione dell’orzo che risulta essere molto laboriosa e di media qualità. Sui luppoli siamo invece molto avanti, abbiamo già quattro luppolete in Trentino che serviranno per fare la Bio Lupo e parte delle nostre birre.
D: Quante varietà di birra producete e che caratteristiche hanno?
R: Produciamo nell’arco dell’anno 12 varietà di birra in base al periodo in cui ci troviamo. Cinque di queste varietà sono sempre disponibili, altre sette sono stagionali. Tutte le nostre birre vengono prodotte in stile storico, non pastorizzate, non micro filtrate, ma rifermentate in bottiglia. Detto questo una birra può essere secca, dolce, acida, chiara, ambrata o scura. Le gradazioni variano da 4, 5° a 8°.
D: Quale è il vostro mercato? regionale, nazionale esportate birre anche all’estero?
R: Il nostro birrificio è di piccole dimensioni. Visto il grande successo che stiamo riscontrando a livello di premi possiamo dire che le grandi birre di BioNoc’ sono molto quotate nel mercato nazionale e questo ci porterebbe anche a esportare in paesi quali Inghilterra, Germania, Francia, Cina e Dubai. Questo però per ora rimane solo un sogno poiché siamo una piccola realtà produttiva e quindi siamo forti più in Trentino Alto Adige con i nostri 180 clienti fidati. Nel resto d’Italia siamo presenti a Roma, Venezia, Verona, Como e altre città più piccole.
D: A quali piatti tipici della nostra zona si abbina bene la vostra birra?
R: Avendo a disposizione una dozzina di tipi di birra siamo in grado di abbinare un menù completo che può andare dall’aperitivo fino al dopo cena passando per il pesce d’acqua dolce alla selvaggina e ai funghi. L’ abbinamento perfetto a ogni birra potrebbe essere così:
Meingose come aperitivo;
Golden Ale con Terrina di caprino del Mazarol alle erbe spontanee e mortandela della macelleria Bonat del Valline;
Staion con tar di trota con zuzel;
Alta Vienna con spazli alla zucca con ricotta affumicata del caseificio e botiro de malga;
Nociva con filetto di puledro alla griglia dell’azienda Dalaip dei Pape;
Napa con cervo brasato, funghi e verdure di stagione;
Lipa con capriolo in salmì e polenta di Storo;
Guana 2015 con tortino di carote con fonduta di cioccolato al latte di Cioccomiti di Dimaro;
Single Bot e Lipa Porca come birre da meditazione a fine pasto.
D: Quali sono i vostri progetti futuri?
R: Non abbiamo chissà quali progetti megalomani, però sia chiaro un concetto, avere un prodotto sempre più a km0 che vinca concorsi internazionali e quindi portare una grande ricchezza sia in termini di posti di lavoro per il territorio sia in termini di presenze turistiche internazionali in visita in Trentino legati alla BioNoc’.
D: Qual’è la birra che non avete ancora fatto e vorreste fare? Perché non l’avete ancora fatta?
R: Di birre ne abbiamo fatte molte, però sono due anni che studiamo la birra che veniva prodotta a Siror fino al 1945, possiamo dire di essere ormai pronti a riproporla. Abbiamo recuperato in biblioteca comunale le comande dei malti acquistati, abbiamo analizzato l’acqua alla fonte e mettendo insieme il periodo storico di cui si sta parlando era sicuramente una Keller.
D: Che sta a significare il termine BioNoc’?
R: BioNoc’ è il termine perfetto che riesce con una parola a descrivere quello che abbiamo fin’ora detto. Il birrificio gode della certificazione “Green Way Primiero” come birrificio eco sostenibile, questo significa che l’alimentazione energetica è idroelettrica. Stiamo raggiungendo il fabbisogno dei luppoli per la produzione delle birre con luppoli trentini certificati biologici. Il nome dei due soci è Fabio e Nicola (Noc’) e BioNoc’ è il riassunto di tutto quanto.
D: Quali riconoscimenti avete raggiunto?
R: Le nostre birre sono state giudicate come didattiche dall’Associazione Italiana Sommelier e quindi siamo presenti nei corsi dell’AIS Trentino. La guida delle birre d’Italia di Slow Food ci ha segnalati come birrificio emergente 2015. Il Golosario di Paolo Massobrio ci ha inseriti come miglior birrificio del Trentino. Da quando esistiamo abbiamo sempre vinto il campionato regionale come Miglior birrificio del Trentino. Al campionato nazionale abbiamo conquistato un quinto posto con una delle nostre birre.