Testo: Roberta Secco e Narci Simion - Guida Alpina | Foto : Cristina Lobasso
“A me piacciono i piccoli angusti rifugi come fortilizi dai muri grossi e finestre piccolissime” sosteneva Dino Buzzati, il grande scrittore e giornalista che amava le Pale di San Martino. Ecco, la frase ben si addice al rifugio Rosetta, un faro alla deriva tra i flutti di un mare in tempesta.
Le sue origini risalgono al lontano 1889, quasi agli albori dell’alpinismo. Allora si trattava di una piccola costruzione a locale unico, munito di un tavolato a due piani, di panche, tavolo e cucina dal costo totale, mobilio compreso, di 2.515 fiorini. Fu uno tra i primi rifugi costruiti dalla Società Alpinisti Tridentini.
La prima gestione venne affidata alla famosa guida alpina Antonio Tavernaro e alla moglie Maria Gröber. Nel 1896 il rifugio Rosetta, gestito dalla guida alpina Michele Bettega, venne ingrandito e migliorato nell’attrezzatura ma, ben presto si rivelò carente nel fronteggiare la presenza sempre più numerosa nelle Pale di San Martino degli appassionati dell’alpinismo.
Dal 1898 il gestore diventa Vittorino Toffol e dal 1904 viene sostituito dalla Guida Alpina Saverio Dezorzi sostituito a sua volta, nel 1906 da Nicolò Tavernaro. Dal 1907 al 1914 subentra come conduttore Giovanni Tavernaro. Nel 1913 la SAT, malgrado le autorità Austriache fossero contrarie, approntò il progetto di un moderno rifugio situato al Passo della Rosetta con vista sull’abitato di San Martino di Castrozza.
L’anno successivo, a causa dello scoppio del grande conflitto mondiale, i lavori vennero interrotti e il vecchio rifugio venne dato alle fiamme (le fondamenta rimaste sono ben visibili tuttora).
Nel 1921, abbandonato definitivamente il progetto del nuovo rifugio al Passo della Rosetta, venne ricostruito l’originario rifugio Rosetta.
Dieci anni dopo, nel 1931, fu ingrandito ulteriormente in modo da poter ospitare una quarantina di persone. Tra i vari gestori, si ricorda la famiglia Graziadei. Arturo gestisce il rifugio Rosetta, mentre la moglie Valeria Fossen e le due figlie piccole, Annamaria e José sono al sottostante rifugio Colverde con una cuoca tedesca. I frequentatori erano per lo più Tedeschi, e quando si perdevano tra le nebbie dell’altipiano, era il suono del corno di Arturo a condurli al rifugio. Durante la seconda guerra mondiale, venne incendiato a seguito di un rastrellamento. Ancora una volta ricostruito, venne dedicato al presidente della SAT Giovanni Pedrotti.
Durante la riedificazione, furono dedicate particolari attenzioni al comfort delle stanze, alcune delle quali erano matrimoniali con lavabo, tavolino, sedie e armadio. Nella rivista mensile del CAI dell’anno 1952 venne spiegato che queste comodità miravano a far prolungare all’ospite il proprio soggiorno in luoghi dove “altro non c’è che l’incanto dello scenario, le arrampicate, il sole e la quiete”.
Nell’estate del 1952, il rifugio fu dato in gestione alla signora Natalia vedova Olivotto (primo affidamento ad una donna) che vi rimase fino al 1955, quando fu sostituita nella gestione dalla guida alpina Lino Zagonel di San Martino di Castrozza assieme alla moglie Dirce Moschen, storica maestra elementare di San Martino, amata e ricordata con unanime affetto.
Nel 1956 venne risolto definitivamente un altro grande problema del rifugio Rosetta: l’acqua. All’inizio di quell’estate fu infatti captata e intubata fino al rifugio l’acqua di fusione proveniente dal canale sotto il nevaio che si trova a 2.650 metri di quota sul versante settentrionale della Cima delle Scarpe.
Dal 1962 al 1982 il rifugio fu gestito da Michele Gadenz “Micel”, alpinista ed accademico del CAI, famoso tra la clientela straniera per i suoi “schizzi artistici” con i quali aiutava gli alpinisti ad orientarsi su vie alpinistiche e lungo i sentieri. Egli fu accompagnato nella sua attività al rifugio Rosetta dalla moglie Carmela, cuoca e gestrice onnipresente fino agli inizi degli anni ‘80, quando la figlia Bianca, ormai collaboratrice esperta nella conduzione del rifugio, subentra assieme al marito Bruno Cemin, fino al 1993.
L’anno successivo, la guida alpina Mariano Lott e la moglie Roberta Secco, entrambi di San Martino di Castrozza, subentrano come gestori del rifugio. Forti di un’esperienza decennale maturata al rifugio al Velo della Madonna, sempre di proprietà della SAT, continuano questo “lavoro non facile ma ricco di soddisfazioni”, scelta di vita e grande passione che perdura ormai da più di 30 anni.Le ultime importanti ristrutturazioni ed ammodernamenti risalgono al 2000 e ancora, qualche anno dopo, sono stati completati gli interventi indispensabili per consentire l’apertura anche nella stagione invernale: un insolito progetto di ospitalità in alta quota all’avanguardia tra i rifugi dell’area dolomitica.