Mirabilia

Parlano le canne

Testo: Viswas Orler - docente di organo presso la Scuola Musicale di Primiero | Foto: Pierluigi Orler

Quando si pensa all’organo, automaticamente, si materializza in noi l’immagine di una Chiesa, sua collocazione “naturale”; ma non sempre in epoca antica è stato così. L’organo nasce come vera e propria invenzione nel 275 a.C. circa in Alessandria d’Egitto e, attraverso 2300 anni di storia, è appartenuto a diversi popoli e culture; dal III secolo a. C. questa complessa macchina ha subìto innumerevoli trasformazioni, partendo da strumenti molto piccoli, talvolta comodamente trasportabili a mano, per arrivare ai giorni nostri, in cui si trovano colossi a 7 manuali e 33.000 o più canne. Prima di essere scelto come strumento privilegiato all’interno delle varie chiese europee d’impronta cristiana, ha svolto diversissime funzioni, nel mondo ellenico, bizantino, romano e medievale: si pensi che, per la sua valenza musicale, è stato usato negli stadi per competizioni musicali o accompagnamento di gare sportive o ludi gladiatori. Nel mondo romano divenne tanto di moda da entrare in quasi tutte le case romane che potevano permetterselo, quasi un moderno pianoforte, venendo riprodotto in bassorilievi, stele, monete, mosaici, affreschi e perfino in lucerne con la sua forma. Venne addirittura utilizzato come macchina bellica, trainata su un carro, per terrorizzare i nemici con un suono potentissimo, che si poteva udire a miglia di distanza. È tuttora usato nella musica jazz, pop, rock, come nel commento di partite di baseball, negli auditoria o in grandi magazzini americani quale mezzo d’intrattenimento dei clienti. 

Si può comunque affermare, al di là della versatilità dimostrata nei secoli, che l’organo rappresenta lo strumento principe della musica sacra occidentale. È sicuramente il più complesso tra tutti gli strumenti musicali: ogni esemplare ha delle particolarità tecniche e foniche che lo rendono unico in rapporto a strumenti simili o addirittura uguali per conformazione. 

L’organo appartiene alla famiglia degli strumenti aerofoni: funziona infatti con l’aria. Attraverso un ventilatore questa viene convogliata ai mantici, i quali a loro volta la distribuiscono ai somieri e dà vita al suono prodotto dalla canna. Ovviamente quantità d’aria e pressione sono esattamente calcolate, in modo che il suono ne risulti fluido e pulito. Prima dell’avvento dell’elettricità, l’aria veniva pompata a mano e molti organi d’oggi mantengono ancora questa peculiarità, oltre a possedere il motore elettrico. Vi sono poi moltissimi tipi di canna, di forma e struttura diverse, a seconda del suono che si vuole ottenere. La canna viene fatta “parlare” mediante una valvola che può essere aperta o chiusa tramite la pressione del tasto: attraverso la catenacciatura, nel momento in cui viene pigiato uno o più tasti presenti nei manuali o nella pedaliera, si apre la valvola che sta nel somiere, la quale di norma è chiusa (non permettendo quindi all’aria presente nel somiere di entrare nella canna e farla suonare). I registri sono timbri che l’organista ha a disposizione per eseguire il repertorio (flauti, trombe, viole, ripieni ed altri ancora) e possono essere utilizzati singolarmente oppure combinati tra loro, ricercando quindi un certo tipo di sonorità, a discrezione dell’esecutore o del compositore, qualora vengano segnati in partitura i registri precisi da utilizzare in un dato brano. L’idea è sempre stata quella di imitare i suoni esistenti, siano essi voci umane oppure altri strumenti musicali. Ogni manuale ha dei registri propri, in numero variabile e non definito, a seconda dello strumento.

È interessante osservare come tecniche costruttive e stili compositivi siano progrediti sempre di pari passo nel corso della storia. Tendenzialmente comunque quando si scrive per organo si ha in mente uno strumento in particolare, o almeno una scuola organaria di riferimento: i romantici ad esempio concepivano la loro musica in maniera “sinfonica”, avendo cioè in mente l’orchestra, e in quell’epoca gli organi presentavano caratteristiche fortemente orchestrali, appunto; nel barocco gli organi presentavano numerosi tratti tipici di quest’era, sia esteriormente che interiormente (casse elaborate, decorate ed intarsiate in modo quasi “esagerato”, divisioni in più corpi, ecc.), quindi i compositori scrivevano traendo spunto da questi elementi.

Si è scelto di presentare di seguito alcuni tra i più significativi organi primierotti in ordine cronologico, in riferimento alle caratteristiche di ogni strumento: nel nostro secolo infatti gli organari non sempre  costruiscono strumenti in stile contemporaneo, ma spesso traggono ispirazione (o addirittura creano copie esatte) da organi di epoche passate, per poter eseguire al meglio le pagine di una determinata scuola o  di un preciso autore.

Gli organi a Primiero

Ogniqualvolta mi ritrovo alle prese con l’organo di San Martino, sia che si tratti di improvvisare o di eseguire repertorio scritto, la scelta stilistica è chiara fin da subito: con un tuffo nel passato, mi immergo negli immensi piaceri intellettuali della polifonia cinquecentesca, in compagnia di Frescobaldi, Diruta, Gabrieli ed altri sommi maestri dell’epoca. Si tratta di uno strumento di piccole dimensioni, che ben si presta all’esecuzione di musica antica italiana: un manuale, una decina di registri e pedaliera. Nel rinascimento si componeva per lo più musica vocale, e in genere con gli strumenti si eseguivano trascrizioni di pezzi vocali: sono veramente pochi i brani scritti espressamente per strumento (o organico strumentale). Caratteristica della scuola italiana è sempre stato il “Ripieno”, timbro di sonorità forte, limpida e cristallina, che permette di eseguire con ottima resa  la musica dell’epoca: dalle toccate di Scuola Veneziana (Andrea e Giovanni Gabrieli, Adrian Willaert, ecc.) ai ricercari e canzoni di quella romana (Girolamo Frescobaldi, Giovanni Pierluigi da Palestrina, per citare solo pochi dei moltissimi grandi nomi). Altra peculiarità della scuola antica italiana è il numero ridotto di registri: molto spesso sono solo 4 o 5 (quelli essenziali per poter formare il Ripieno), comunque raramente più di 10.

Quando ho voglia di divertirmi e far divertire chi mi ascolta, eseguendo un repertorio intellettualmente “meno impegnativo”, non c’è miglior organo se non quello situato nella chiesa di Prade, strumento grande e magnifico, di scuola ottocentesca italiana. In quel periodo gli organi erano molto simili a quelli antichi (ripieno limpido e cristallino, un manuale, pedaliera) ma con una grossa differenza: aumenta considerevolmente il numero di registri. Durante quest’epoca assistiamo alla fioritura dell’Opera, nata e sviluppata in gran parte in Italia, quindi essa penetra in un certo qual modo anche in chiesa: vengono composti offertori a carattere operistico, marce, fanfare, arie, versetti (tutti elementi costitutivi dell’Opera) o addirittura vere e proprie trascrizioni di pezzi operistici da eseguire in chiesa durante la messa. Gli organi quindi si adattano a questo tipo di repertorio, nello specifico incrementando la quantità di timbri. Nascono i cosiddetti “registri da concerto”, quali flauti armonici, viole, violoncelli, trombe, tromboni, ottavini, corni, clarinetti, e molti altri ancora. Quindi ad esempio si univano trombe, bombarde, fagotti, corni inglesi per eseguire una fanfara; oppure la viola faceva da tappeto ad una melodia a carattere operistico eseguita dall’ottavino; oppure ancora si cercavano unioni di suoni molto particolari da cui risultavano timbriche prettamente organistiche.

L’organo di Prade presenta dunque tutte queste caratteristiche: i suoi trenta e più registri lo rendono perfetto per l’esecuzione di compositori quali Padre Davide da Bergamo, Giovanni Morandi, Amilcare Ponchielli, nominando alcuni tra i numerosi esponenti della scuola ottocentesca italiana. È stato recentemente effettuato un corposo lavoro di restauro ad opera della ditta Mascioni, che ha riportato lo strumento alla sua conformazione originale. 

Analoga opera di restauro è stata fatta pochi anni fa per l’organo di Siror, strumento di fine Ottocento costruito dalla ditta Lingiardi di Pavia. Pur essendo costruito secondo il gusto dell’epoca, lo strumento è di assai piccole dimensioni, con una tastiera, pochi registri (ma quasi tutti orchestrali) e pedaliera, e l’aggiunta di qualche effetto ottocentesco. È forse quindi più adatto all’accompagnamento liturgico che non al concertismo. 

Per stimolare la creatività, la fantasia e la sperimentazione armonica e coloristica, esprimermi quindi attraverso l’arte dell’improvvisazione, l’organo di Mezzano è lo strumento per me ideale, grazie alle sonorità concertistiche ormai pienamente affermate ed integrate negli strumenti novecenteschi. Sempre di fattura italiana, rispecchia in pieno quelle che erano le idee costruttive e sonore del tempo: due manuali, venti registri, circa la metà dei quali orchestrali appunto e pedaliera. È qui presente un accessorio introdotto nell’800, la cassa espressiva: un corpo d’organo è chiuso in una grande cassa di legno, a sua volta chiusa su ogni lato tranne uno, sul quale sono apposte invece delle griglie che si aprono e si chiudono (tramite una staffa presente in consolle), permettendo così di ottenere veri e propri crescendo e diminuendo, piani e forti. È lo strumento perfetto per eseguire le musiche di Marco Enrico Bossi, una delle figure più importanti del panorama musicale novecentesco italiano, ma ben si presta all’esecuzione di una vasta gamma di repertorio di epoche precedenti e successive, in particolare la musica sinfonica francese: Franck, Widor, Vierne, Dupré e molti altri ancora.

Presso le chiese di Imer, Fiera e Canal San Bovo sono presenti strumenti molto simili a quello di Mezzano, costruiti ad inizio Novecento da organari italiani e si rifanno quindi a gusti ed estetiche analoghe. Attualmente non versano nelle migliori condizioni per cause varie: il fatto di non venire suonati (o comunque suonati pochissimo), il tempo e talvolta l’intervento di mani inesperte.

Nei paesi tedeschi vige ancora oggi una tradizione portata avanti da secoli che consiste nelle cosiddette “audizioni d’organo”: momenti in cui l’organo suona anche per mezz’ora senza interruzione, con lo scopo di far conoscere ai visitatori della chiesa lo strumento e le proprie potenzialità. Per avere un’idea assai precisa di ciò che sentivano (e sentono tutt’ora) i fedeli luterani, possiamo recarci a Transacqua: qui è posto un organo di medie dimensioni, con due manuali, una ventina di registri e pedaliera.

Una particolarità assai rara è la presenza di un terzo manuale con funzione di unione degli altri due: mentre solitamente si possono accoppiare tra loro manuali oppure pedale con manuali tramite dei pedaletti presenti in consolle, in questo caso appunto l’accoppiamento tra manuali avviene con l’aggiunta di una terza tastiera. Questa tastiera non ha quindi dei registri propri. La pedaliera è molto estesa, di forma concavo-radiale, e ciò permette di eseguire gran parte del repertorio organistico, anche contemporaneo. Grazie ai numerosi registri che prendono spunto dalla scuola nordica, si può eseguire con ottimi risultati la musica barocca tedesca, come detto poco sopra: variazioni su corali, toccate, fughe, preludi, fantasie, di compositori quali Buxtehude, Böhm, Pachelbel, Bach, e via dicendo.

Rendono assai bene anche alcune pagine di compositori quali Couperin, Grigny, Daquin, ed altri, appartenenti alla scuola barocca e classica francese. Lo strumento che meglio permette l’esecuzione della musica bachiana è quello collocato presso la chiesa di Tonadico, ben equilibrato dal punto di vista fonico, con un’ampia gamma di suoni e completo di tutti gli accessori utili all’organista. Le sonorità prevalenti sono quelle tipiche della scuola italiana, con qualche registro di altra provenienza, come ad esempio il controfagotto del pedale o il cromorno del manuale. 

Altra peculiarità che trova origine all’estero è la presenza di numerosi registri al pedale, in Italia solitamente limitati a due o tre, se non addirittura assenti. Se fino al 1600 circa l’uso della pedaliera era molto spesso “ad libitum”, arbitrario, nella musica barocca tedesca e soprattutto in quella di Johann Sebastian Bach esso diventa parte essenziale della composizione: non è tecnicamente possibile eseguire questo genere di musica senza pedali. Sono inoltre presenti le cosiddette “combinazioni aggiustabili”, pistoncini collocati sopra la pedaliera e pigiabili con i piedi dall’organista, grazie ai quali è possibile memorizzare gruppi di registri senza dover staccare le mani dalla tastiera durante l’esecuzione. In quest’organo vi sono cinque combinazioni, ma negli strumenti di dimensioni medio-grandi, grazie all’elettronica, è possibile moltiplicare di molto il numero: talvolta si arriva a 999 possibilità. Oltre alla cassa espressiva, è presente un altro accessorio di origine novecentesca, lo Schweller o Crescendo: tramite una staffa simile a quella per l’espressione vengono inseriti in ordine d’intensità tutti i registri, creando così dei crescendo-diminuendo con i registri, anziché con la dinamica. Grazie a tutti questi accessori ed all’ottimo materiale fonico, a mio gusto personale, ritengo che quest’organo permetta l’esecuzione praticamente di tutto il repertorio organistico, partendo dal 1400, passando per la  musica di Bach (finalmente eseguibile senza i soliti, discutibili compromessi…!), i romantici quali Mendelssohn, Brahms, Schumann, Reger, per arrivare ai giorni nostri.

Primierotti illustri nel mondo della musica

 

Giuseppe Terrabugio

Nato il 13 maggio 1842 a Fiera di Primiero, è stato senza dubbio una figura molto importante nel panorama musicale novecentesco, sia in ambito pratico che teorico. Studiò infatti con il grandissimo organista Joseph Gabriel Rheinberger a Monaco, si produsse in numerose composizioni per vari organici (organo, coro, orchestra, ecc.) e a lui si deve l’esistenza e il restauro di molti organi primierotti. Docente presso la Scuola Superiore di musica sacra a Milano, fu, insieme a Giovanni Tebaldini, personalità di spicco nella riforma della musica liturgica avvenuta in Italia nel corso del Novecento. Morì il 09 gennaio 1933.

Don Albino Turra

Nato a Tonadico il 19 dicembre 1926, è un’altra figura assai rilevante in ambito organistico. Già da bambino mostrò la sua forte propensione per la musica: a soli 11 anni infatti accompagnava all’organo il coro parrocchiale. Dopo gli studi in seminario e il diploma in organo ottenuto presso il conservatorio di Bolzano, fu insegnante d’organo e composizione in vari conservatori (tra cui Trento e Verona). Oltre alla carriera concertistica, contribuì anche al ripristino e alla difesa degli organi antichi e progettò nuovi strumenti. Morì a Feltre il 2 marzo 1970, a soli 43 anni, a seguito di un improvviso malore.

La scuola musicale di Primiero

Ha recentemente superato i 20 anni di vita, accasandosi in via definitiva. L’associazione Scuola musicale di Primiero, nata il 22 marzo 1995 grazie all’intuizione ed all’impegno di 11 appassionati locali, è cresciuta negli anni fino a divenire un punto di riferimento per la formazione musicale di tutto il territorio di Primiero e Vanoi, rivolgendo la sua attenzione soprattutto ai giovani allievi. Fin dalla sua nascita ha affiancato alla didattica un’intensa attività di organizzazione di rassegne, manifestazioni e concerti, anche di livello internazionale. Da settembre 2016 ha trovato la collocazione definitiva della sua sede presso l’ex municipio di Transacqua, dove i quasi 200 allievi fruiscono dell’insegnamento delle più disparate discipline musicali, con  21 diverse tipologie di strumento, fra i quali anche l’arpa e l’organo (protagonista di questo articolo). 23 sono i soci attuali e 15 i dipendenti, per un totale di 160 ore di insegnamento erogate settimanalmente. Il 20 maggio 2017 si è svolta l’inaugurazione della nuova sede con un grande concerto degli allievi a coronamento dell’anno scolastico.

Aquile Magazine