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Una cena verticale con Simone Moro e Manolo

Testo: Carla Scalet

Da anni seguo con interesse le imprese di Simone Moro, fantastico ed esuberante uomo di montagna, che ha saputo coniugare magistralmente l’alpinismo più estremo con le moderne tecnologie di comunicazione, facendo in modo così che ogni suo passo nel mondo lontano degli 8000 possa essere seguito da casa con trepidazione stando comodamente seduti.

Durante il suo tentativo invernale al Nanga Parbat nell’inverno 2014, ho iniziato a “parlare “ con lui via Web di molte cose. Lui rispondeva sempre, forse nel tentativo di alleggerire un po’ le infinite attese che queste imprese richiedono; quasi timidamente l’ho invitato a San Martino per qualche giorno di relax al suo rientro dal Nepal e lui… ha risposto “Sì vengo, così rivedo anche Il Mago (Manolo)”.

Ed eccoli qui, a cena insieme, due amici che si ritrovano, un immediato accendersi di due passioni fortissime. Per le prime due ore si immergono in un mondo tutto loro, fatto di termini e sfumature totalmente ermetiche ed impenetrabili. Io li guardo e penso: “Che mi rimarrà di questa eccezionale serata? Una foto ricordo e basta?”. Poi la cena finisce e ci spostiamo nelle più comode poltrone davanti al fuoco e ad una bottiglia di whisky invecchiato e finalmente mi fanno entrare, in punta di piedi, anzi di scarpette, nel loro mondo!

Ed il tempo passa in maniera incredibile: grandi imprese, piccoli episodi, ricordi di amici che non ci sono più, il freddo, la roccia, i viaggi lontani… Sembra di essere lì: si sanno raccontare i due, con generosità e calore come pochi, ed allora capisco ancora un po’ di più cos’è la passione per la montagna, per il verticale. Non è sport estremo e disprezzo del pericolo come molti credono, ma un bisogno profondo di entrare in comunione con la Natura, di fondersi quasi con la terra là dove questa tocca il cielo.
Esuberante ed estroso Simone nel raccontarsi, pacato e timido Manolo, che sembra quasi ripetere il gesto di accarezzare la roccia con le mani mentre parla. 
Si è fatto tardi, ma i racconti continuano ed allora capisco improvvisamente e profondamente il termine “passione”. Grazie ragazzi per questa splendida notte, grazie per avermi fatto partecipe del vostro mondo anche solo ascoltandovi.

Bergheil, Carla.

Aquile Magazine